Il Fisco effettua controlli anche sulle ricariche PostePay fino a 5 anni, coinvolti tutti gli utenti: cosa sapere per evitare problemi.
È assolutamente sbagliato pensare che le ricariche PostePay non rientrino nelle verifiche svolte dal Fisco. Per tale ragione è importante sapere quando scattano i controlli e l’eventuale pignoramento, così da evitare qualsiasi tipo di problema.
La PostePay è una delle carte più utilizzate dai cittadini italiani e anch’essa rientra nella politica dei controlli effettuati dall’Agenzia delle Entrate. Gli accertamenti del Fisco non interessano solo i conti correnti bancari, ma anche le carte prepagate.
Che spesso vengono utilizzate per eseguire operazioni sospette ed evadere non facendosi notare. Il Fisco sa bene che l’evasione passa anche dalle ricariche PostePay e per tale ragione procede ai controlli sulle carte prepagate anonime e quelle con Iban, fino a 5 anni indietro.
L’Agenzia delle Entrate controlla anche le ricariche PostePay: cosa sapere
Tutte le somme in entrate sulla PostePay e le spese sono tracciate, con l’Agenzia delle Entrate che da anni fa ricorso all’Archivio dei rapporti finanziari. Anche Poste Italiane deve rendicontare all’ente tutti i rapporti attivi con i propri clienti, tra cui le operazioni in entrata e in uscita, numero di conto, saldo e altri servizi. Le informazioni sono conservate in un database telematico a cui ha accesso la Guardia di Finanza e l’Agenzia delle Entrate.
I controlli fiscali su PostePay possono andare indietro fino ad un massimo di 5 anni per chi non ha denunciato i redditi nella dichiarazione. Se dalla verifica emergono illeciti, il Fisco può anche procedere al pignoramento della carta.
Il pignoramento della PostePay si verifica dopo che il creditore ha notificato il pagamento delle somme entro 10 giorni e può richiedere l’autorizzazione al Presidente del Tribunale di accedere all’Anagrafe tributaria e dei conti correnti. In questo modo può scoprire chi è l’intestatario della PostePay.
Le cifre percepite sulla carta devono essere dichiarate sempre nel caso in cui vadano a formare il reddito imponibile. Sul piano della tassazione devono essere dichiarati i risarcimenti che vanno a indennizzare il lucro cessante, le donazione fatta da amici e tra familiari per somme a partire da 100.000 euro (tra fratelli) e da 1 milione di euro (coniugi e ascendenti).
Non c’è alcun obbligo in caso di regali da parte di genitori, fratelli e coniugi per cifre minori, risarcimento danni, vendite di oggetti usati a prezzo inferiore rispetto a quello di acquisto, vincite al gioco, prestiti da privati, a condizione che l’entità del prestito sia dimostrabile.