Tra paturnie e un rischio reale: Elon Musk potrebbe fare la stessa fine di Steve Jobs. Cosa sta accadendo al suo impero.
Vite parallele. Il 1985 è una data storica nel mondo della tecnologia e non solo. Un anno cominciato da Apple sotto il comando del suo genio inventore, Steve Jobs, terminato però senza il visionario inventore della Mela morsicata più famosa al mondo.
Sì, Steve Jobs fu licenziato in quell’anno da Apple per ragioni alquanto complesse che però possono essere riassunte, chiarite (nel tempo) e semplificare in un concept abbastanza riconducibile ai forti dissapori e visioni differenti nei confronti del CEO dell’epoca, ma soprattutto del consiglio di amministrazione del colosso di Cupertino.
Non fu un addio visto che Apple non poteva fare a meno del genio assoluto di uno Steve Jobs a cui fu chiesto di tornare, a gran voce e in maniera stavolta unanime undici anni dopo, per ricostruire Apple e farla diventare (quella che è tutt’ora) una delle aziende e dei marchi più unici che rari. Un parallelismo che potrebbe essere trasportato nel nuovo millennio con Elon Musk.
E se Elon Musk venisse seriamente licenziato dalla sua stessa azienda?
Intendiamoci, nessuno vuole paragonare Steve Jobs a Elon Musk: impossibile. Ma ciò che capitò nella vita del genio di San Francisco potrebbe accadere per il Paperon de’ Paperoni del nuovo millennio, il figlio del mondo: sudafricano con cittadinanza canadese naturalizzato statunitense. L’imprenditore è arrivato a immaginare questo scenario, ammettendolo candidamente nell’ultima riunione sugli utili di Tesla.
La battutina tra il serio e il faceto sul Consiglio di Amministratore della super azienda specializzata in auto elettriche, paragonato scherzosamente (chissà quanto) a un gruppo estremista ISIS, pieno di “attivisti infiltrati” e con “strane idee“, non è passata inosservata.
“Non voglio controllare il Cda, ma se ho così poca influenza su Tesla in questa fase, potrei essere escluso un domani dalla società di consulenza per gli azionisti“. Neanche questa frase è passata inosservata, ripresa ovviamente da tutta la stampa internazionale. Una delle sue solite paturnie? Chissà.
Sta di fatto che Elon Musk è “il faccione” di Tesla, ma per quanto sia anche il suo azionista più grande e influente, ha soltanto il 13% dell’azienda. Con mani in pasta un po’ ovunque: da Twitter (ora chiamato da lui stesso X), a Neuralink (ha appena impiantato il primo chip su un essere umano) passando per Space X. Elon Musk ha anche altre mire: diventare un leader nel campo dell’intelligenza artificiale e della robotica.
Proprio, nell’ultima riunione sugli utili di Tesla ha fatto capire che, senza una partecipazione di almeno il 25% nella società, costruirà prodotti di intelligenza artificiale e robotica altrove. E se il CdA non fosse d’accordo perché teme (magari) un altro flop tipo X e di fronte a questo au aut licenziamento di Musk. A Jobs accadde la stessa cosa.