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Google finisce nei guai: altro che navigazione in incognito, tracciata ogni pagina “nascosta”

L’azienda americana Google finisce nei guai a seguito della sua navigazione in incognito: le accuse sono serissime.

La navigazione in incognito di Google è spesso usata dagli utenti per vari motivi. All’inizio della pagina è presente una schermata in cui si assicura che qualsiasi percorso non sarà tracciato ma di recente si è evidenziata una vicenda in cui sembra che l’azienda americana operi diversamente.

Google finisce nei guai – (Computer-Idea.it)

Da circa quattro anni Google è accusata di tracciare ed identificare i dati di navigazione anche nella modalità in incognito di Chrome attiva. Le accuse si sono fatte sempre più insistenti ed hanno portato a considerare quanto fatto da Google una vicenda molto seria viste le premesse della navigazione in incognito. Dalle accuse si è passati ad una causa in cui si accusava l’azienda di Mountain View di violare le leggi sulle intercettazioni telefoniche. La disputa legale è continuata nel corso del tempo ed ha portato ad una decisione da parte di Google che fa riflettere.

Google accusata di tracciare ogni pagina in incognito: la decisione della società

L’azienda di Sundar Pichai è finita in questi anni al centro dell’attenzione mediatica per la sua modalità in incognito. La causa intentata da Chasom Browm, Maria Nguyen e William Byatt è spinta da una serissima accusa nei confronti di Google. Si affermava infatti che i siti che utilizzano Google Analytics o Ad Manager raccogliessero informazioni dai browser anche quando la modalità in incognito era attiva, inclusi i contenuti delle pagine web, l’indirizzo IP e i dati del dispositivo.

Accuse contro Google sulla modalità in incognito – (Computer-Idea.it)

I querelanti hanno accusato l’azienda americana di aver sottratto informazioni ad ogni utenti di Chrome. Nella prima fase della contesa, Google ha cercato di farla archiviare facendo leva sul messaggio che appare al momento dell’attivazione della modalità. La comunicazione sottolinea che l’attività potrebbe essere visibile ai siti web visitati, al datore di lavoro o alla scuola ed al provider di riferimento.

La difesa messa in campo dal colosso tech non ha convinto il giudice Yvonne Gonzalez Rogers che ha respinto la richiesta evidenziando come Google non abbia mai specificato agli utenti che la raccolta dati proseguisse anche durante la navigazione in incognito. Ad anni di distanza, e per mettere un punto alla vicenda, Google ed i querelanti avrebbero trovato un accordo per chiudere definitivamente la contesa. I termini concordati dovrebbero essere presentati al tribunale entro la fine di gennaio, con l’approvazione che dovrebbe arrivare entro fine febbraio.

Giovanni Cristiano

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