L’UE continua la sua battaglia per stabilire un equilibrio tra innovazione tecnologica e protezione dei diritti degli utenti.
Negli ultimi anni, l’Unione Europea ha intensificato la sua azione regolatoria nei confronti dei giganti tecnologici. Colossi come Google, Apple e Meta sono finiti sotto la lente d’ingrandimento dei regolatori antitrust dell’UE, accusati di pratiche commerciali che violano le rigide normative europee.
Questa crescente pressione riflette la determinazione dell’UE a creare un ambiente digitale più equo e trasparente, cercando di limitare il potere delle grandi aziende e garantire una maggiore protezione dei dati personali degli utenti.
L’azione più recente vede protagonista Meta Platforms, la società madre di Facebook e Instagram, già nel mirino per le sue politiche di trattamento dei dati. Non è la prima volta che Meta si trova a fronteggiare accuse di non conformità alle leggi europee. La Commissione Europea ha infatti intrapreso diverse iniziative per frenare le pratiche delle grandi aziende tecnologiche che sfruttano la posizione dominante per ottenere vantaggi competitivi.
La nuova accusa contro Meta riguarda il modello pubblicitario di pagamento o consenso introdotto per gli utenti europei di Facebook e Instagram. Questo modello offre agli utenti due opzioni: acconsentire al tracciamento dei propri dati personali per ricevere un servizio gratuito finanziato dalla pubblicità, oppure pagare per un servizio senza pubblicità.
Secondo la Commissione Europea, questa scelta obbligata viola il Digital Markets Act (DMA), normativa che mira a limitare il potere dei grandi player tecnologici e garantire una maggiore equità nel mercato digitale.
Margrethe Vestager, capo dell’antitrust dell’UE, ha dichiarato che la proposta di Meta non offre una reale alternativa agli utenti, forzandoli a scegliere tra la propria privacy e l’accesso a un servizio equivalente. Meta, dal canto suo, sostiene che il modello proposto sia in linea con una precedente sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea. Un portavoce di Meta ha comunque ribadito la volontà di collaborare con la Commissione per risolvere la questione.
Se riconosciuta colpevole di violazione del DMA, Meta rischia una multa fino al 10% del suo fatturato annuale globale. La Commissione Europea ha tempo fino a marzo del prossimo anno per concludere l’indagine e decidere eventuali sanzioni. Questa situazione pone comunque il colosso in una posizione delicata, costringendola a considerare modifiche al proprio modello pubblicitario per evitare sanzioni pesanti.
La controversia ha attirato l’attenzione di attivisti per la privacy e autorità di vigilanza, già critici nei confronti delle politiche di trattamento dei dati di Meta. Questa accusa, tra l’altro, segue di una settimana una simile mossa contro Apple per violazioni della stessa normativa.
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