I pezzi hardware e le scorte tra sovrapprezzi e magazzini vuoti ci riportano al Covid ma qual è ora il motivo di questa nuova crisi?
Sembra di essere tornati al 2020 e 2021 quando parlavamo di come la crisi generata dal Covid stesse mettendo a dura prova tutto il comparto informatico, soprattutto per i produttori di hardware composti a partire da pezzi provenienti da altre fabbriche.
Tanti giocatori e giocatrici ricordano ancora le difficoltà incontrate nel cercare di acquistare una PS5, per esempio, oppure i ritardi nella distribuzione di alcuni smartphone molto attesi. Sono passati tre anni abbondanti da quei mesi in cui sembrava di aver visto da vicino la crisi della globalizzazione.
Eppure siamo di nuovo qui a parlare di ritardi nelle consegne dei pezzi, e quindi mancanza di hardware, prezzi che iniziano a crescere e una nuova situazione di incertezza globale. Stavolta però non è colpa del Covid anche se è comunque tutto il sistema globalizzato che ne risente.
Ci eravamo lasciati alle spalle il periodo buio della pandemia in cui sembrava di vivere sospesi. Chiusi in casa o costretti ad uscire bardati come in un capitolo di Fallout, abbiamo dovuto riscrivere la nostra quotidianità. Poi le restrizioni lentamente si sono allentate, la situazione è rientrata più o meno nella norma e sembravamo avviati verso una nuova tranquillità.
E invece a quanto pare i produttori di hardware lamentano già nuovi problemi e ritardi. Ma non è colpa di una recrudescenza della pandemia. Il motivo per cui i prezzi dei pezzi stanno tornando a salire é infatti da ricercare altrove: in mezzo al mare. Le evidenti tensioni in Medio Oriente che hanno portato a una recrudescenza degli attriti lungo tutto il percorso che scorre tra Africa e penisola arabica stanno generando ritardi e incertezze per quello che riguarda la spedizione dei container da Taiwan e dalla Cina.
Il percorso ottimale per raggiungere con le navi container l’Europa, i centri di distribuzione quindi, attraversa infatti quello stretto braccio di mare che da una parte guarda a Yemen e Arabia Saudita e dall’altra guarda a Egitto, Etiopia e Sudan. Con gli Houti che hanno deciso di prendere di mira le navi che passano molti gestori di trasporti si sono visti costretti a creare nuove rotte circumnavigando l’Africa.
Con il pericolo però di incontrare così non solo ritardi dovuti al meteo ma anche i pirati che stazionano solitamente al largo delle acque somale ma che è possibile anche rintracciare in altre zone. Allungare i tempi significa che i trasporti costano di più per le aziende e questo a sua volta si trasforma in prezzi che crescono per gli utenti finali.
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