La tecnologia del presente e, soprattutto, del futuro. Ecco perché chi usa l’Intelligenza Artificiale potrebbe dover pagare tasse altissime.
Da mesi, si fa un gran parlare di Intelligenza Artificiale. Una nuova forma di tecnologia che può essere applicata ai più svariati ambiti. Non ultimo, quello, leggermente antecedente, ma non per questo meno oscuro, delle criptovalute. Ora, però, per chi usa l’Intelligenza Artificiale, potrebbe arrivare una tassa molto salata. Le cifre.
L’Intelligenza Artificiale, i suoi usi, sono certamente al centro del dibattito. Persino Papa Francesco ha dedicato, più volte, la propria attenzione a questa nuova forma di tecnologia. Così affascinante, ma anche così misteriosa ancora. E, quindi, anche potenzialmente molto pericolosa. Sono numerosi, infatti gli utilizzi dell’Intelligenza Artificiale. E numerosi gli ambiti di applicazione. Può essere fondamentale per la scienza, in particolar modo per la medicina.
Ma può essere anche molto funzionale a scopi meno nobili, anzi, illeciti. Si pensi alla guerra. E sappiamo quanto i conflitti siano prepotentemente tornati in auge nel mondo. Senza contare quanto e come questa tecnologia possa condizionare l’opinione pubblica e, quindi, l’economia. Per contrastare tutto questo, oggi, potrebbe arrivare una tassa molto salata per chi utilizza l’Intelligenza Artificiale. Ecco cosa potrebbe accadere.
Una tassa per chi usa l’Intelligenza Artificiale
Il Fondo Monetario Internazionale (FMI) lancia infatti un allarme sulla crescente domanda di energia legata all’attività di mining dei Bitcoin e all’Intelligenza Artificiale, due settori in forte espansione che potrebbero rappresentare una minaccia per gli obiettivi globali di riduzione delle emissioni. E così, ora si propone una tassazione specifica per affrontare il problema, suggerendo un aumento dell’85% dei costi energetici per i minatori di criptovalute.
Un’operazione in Bitcoin, ad esempio, consuma la stessa energia di una persona in Ghana o Pakistan in tre anni. Inoltre, una singola domanda posta a ChatGPT richiede dieci volte l’energia necessaria per una ricerca su Google. Anche sul piano delle emissioni di carbonio, il quadro non è incoraggiante: entro tre anni, la combinazione delle attività di mining e dei data center potrebbe essere responsabile dell’1,2% delle emissioni globali di CO2.
Per contrastare questo trend, il FMI propone di intervenire attraverso una fiscalità mirata. Secondo le sue analisi, per portare l’industria del mining in linea con gli obiettivi globali di emissioni, sarebbe necessaria una tassa di 0,047 dollari per kilowattora, che potrebbe salire a 0,089 dollari considerando anche l’impatto ambientale locale, con un incremento del costo dell’energia importante.
Non sono mancate le critiche, soprattutto dai sostenitori delle criptovalute, che accusano il FMI di basarsi su dati obsoleti e di non tenere conto dei progressi tecnologici che stanno rendendo più efficienti i processi legati allo scambio di valute digitali. Ma la strada sembra essere stata ormai imboccata. Staremo a vedere.