Nelle ultime ore il Governo Meloni ha confermato la decisione di reintrodurre una vecchia tassa. Ecco di cosa si tratta realmente.
Le tasse crescono ancora in Italia. Secondo gli ultimi aggiornamenti Istat, oggi ogni italiano paga lo 0,1% in più di tributi rispetto al 2018. Una cifra irrilevante ad un primo sguardo ma che, se confrontata con gli anni precedenti, fotografa una situazione in continuo peggioramento dal 2012.
In seguito ad alcuni vincoli richiesti dalla partecipazione all’interno dell’Unione Europea, l’Italia deve fronteggiare e garantire il sostegno della spesa comunitaria. Con l’aumento della spesa, inevitabilmente, il carico fiscale del Bel Paese è diventato a tratti insostenibile anche per i cittadini.
Non solo Unione Europea, l’Italia fronteggia da anni il grave problema dell’evasione fiscale, il quale supera il tetto del 40% e posiziona il Bel Paese in cima alla lista degli Stati con la più alta percentuale di evasione. Con queste cifre e con un senso civico carente, l’Italia sta affrontando uno dei periodi più lunghi di crisi finanziaria.
Governo Meloni: il ritorno di una vecchia tassa
Nelle ultime ore il Governo Meloni è tornato a parlare di una misura sugli extraprofitti, ovvero una tassa che colpirebbe alcuni settori specifici dell’economia del Paese e che risale al 2023. La misura potrebbe riguardare realtà come i gruppi energetici, le assicurazioni e il comparto del lusso. L’idea del Governo consiste nel colpire tutte le imprese che hanno maturato utili in abbondanza, in modo tale da ottenere le risorse necessarie per la Legge di Bilancio.
Parallelamente alla decisione intrapresa dal Governo, le banche hanno già registrato le prime perdite a Piazza Affari, con l’indice Ftse Mib che ha registrato un – 2,62%, seguito da alcuni istituti di credito e di assicurazioni che hanno perso tra il 2% e il 6,7%. La premier Giorgia Meloni è sicura della decisione presa, conscia dell’appoggio di alcuni fedelissimi, come il sottosegretario Giovanbattista Fazzolari.
Le misure in valutazione dal Governo riguardano principalmente la sfera fiscale e potrebbero prevedere una rivisitazione della progressività delle aliquote Iperf in base al reddito netto, oltre ad interventi sui margini guadagnati dalle banche e sulla determinazione dei tassi di interesse.
Con una tassa del 40% prevista per le Banche, la misura potrebbe portare circa 2 miliardi di euro nelle casse dello Stato. La tassa andrà pagata entro sei mesi dalla ricezione e dalla chiusura dell’esercizio e non è deducibile dal reddito.